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Scrivi un commento al testo di Ignazio Salvatore Basile
Il cieco nato

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1."Se taluno nasce cièco
rabbì, chi è peccatóre,
lui o il suo genitóre?"
- "Né l'un né l'altro è bièco


2. ma pér la glòria di Dio
sòn cèrte còse nél móndo;
in ésso io luce inóndo
pér volontà dél Padre mio

1. fintanto che ci sto. Muto
io sarò dópo." Détto ciò
inumidì cón lo sputo
il fango e al bagno di Silo',

2. dópo avérlo toccato,
mandò di córsa un tale,
che 'l discórso avéva in cale,
essèndo un cièco nato.

3. Sì féce , lo sventurato
e tornò che ci vedéva.
E c'èra chi nón credéva
dópo averlo incontrato;

1. ma vi èra pur chi invéce
dicéva - "E' pròprio lui!"
Tanto si disse e féce,
su quel prodigio di cui

2. sópra v'ho détto, ch'alfine
lo condusser dai Giudèi.
S'èra nél dì che plebèi
e patrizi, sia crine

3. o valle, vita o mòrte,
lavóro oppur dilètto,
d'ógni azióne fan difètto,
in buòna o in malasòrte.


1. - "Or dunque chi t'ha guarito?"
gli chieser quéi a più vóci.
- "Un tal chiamato Il Cristo ".
rispòse quéllo ai sòci

2. dél sinèdrio. E i giudèi,
ch'èrano in malaféde
disser: - "Costui ci véde
da quando è nato. Ed éi

3. in cuor suo ci inganna!"
Perciò déi genitóri,
cón i notificatóri
effettuarono la chiama!

1. - "Che paurósi, al figlio
Chiedéssero, a tu pér tu "-
gli dièdero pér consiglio,
- "chè èra in età, di quel Gesù ".

2. Riconvocato ancóra,
il neo-vedènte infine,
gli conférmo sènza spine
che profèta di buòn'óra

3. èra l'autor dél fatto,
nón sènza Dio, cóme éssi
aveano détto. Mèssi
i timóri da un lato

1. éi aggiunse: - "Nón s'è mai visto
che un sènza Dio, gl'òcchi
d'un cièco nato e tristo
guarisca cói suòi tócchi ".

2. - "E tu, che nél peccato
sèi nato, insegnare
vorrésti a chi le are
e i dètti ha già imparato

3. di Mosè?" Afferratolo
lo cacciarono di fuòri
cón insulti e clamóri
cóme un vècchio barattolo.


1. "Io sòn venuto al móndo "
-gli disse allóra Gesù-
"perché chi sta nél fóndo
riemèrga e vènga su "

2. I farisèi che udirono
chiesero quindi a Gesù:
- "Nói siamo sópra o giù?"
détto ciò aspettarono.

3. - "Se chi tra vói è pròno "-
rispòse lor l'Inviato
-"fósse cònscio dél suo stato,
allór sarèbbe buòno

1. il suo sentier davanti
a Dio. Ma pér erètti
vi spacciate tutti quanti,
ciò che vi fa reiètti "-.

 lino - 12/01/2010 21:01:00 [ leggi altri commenti di lino » ]

Sì, decisamente molto interessante questo uso della metrica, variabile per rima e in alternanza di misura del verso (massimamente settenari e ottonari) che - stranamente, dalla mia ottica che non amavo l’abbinamento - nulla toglie all’armonia e, anzi, rende interessante e vario il ritmo della lirica. Dal punto di vista del significato, ho molto apprezzato il brano "che ’l discórso avéva in cale": in effetti, simbolicamente, tutto l’episodio di Gv9:1-41 si gioca sul discorso (la saliva sputata sul fango simboleggia la Parola di Dio che scende in terra e richiama l’alito creatore della Genesi). Le formulo i miei complimenti, anche per l’uso degli accenti.

 Loredana Savelli - 09/01/2010 08:06:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Una riscrittura davvero ben fatta. La riflessione è assicurata. Grazie.

 Alessio Romano - 08/01/2010 23:58:00 [ leggi altri commenti di Alessio Romano » ]

Molto bella, ho anche avuto la sensazione che fosse solo una parte, forse realmente è una parte o è soltanto la parte che hai scritto con la voglia di proseguirla?
Complimenti comunque,
mi ripromettevo appunto stasera, inoltre, di iniziare ad imparare bene dove si debbano mettere gli accenti nelle parole e sicuramente leggere il tuo testo mi ha invogliato a realizzare questo proposito.
Bravo,
un plauso da parte mia.

P.s.: Interessante la storia, importante il tema trattato che è fulcro della poesia e argomento che io stesso ho pensato di affrontare più volte.
Alla prossima.

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